Non so perché proprio oggi mi è venuto in mente.
Ma deve essere il caldo, la sensazione di pigrizia morbida che prende quando un inaspettato giorno di vacanza divide in due una settimana.
La sensazione che l'estate è vicina.
Non è un bel ricordo, ma ora, nella memoria, non è nemmeno più un brutto ricordo. E'.
Era estate, ero al mare con i miei.
Avrò avuto 12-13 anni, non di più.
Arrivò una strana telefonata di mia nonna da casa, aveva grandinato e, sembrava (anche se crescendo ho imparato che la modalità della tragedia nel raccontare le cose è, appunto, una modalità, non la sostanziale realtà)
dicevo, sembrava che il raccolto fosse compromesso in maniera molto grave.
Mio padre alla modalità tragedia di mia nonna reagiva sempre molto male, rendendo catastrofe la tragedia.
Mia madre è sempre stata la donna cuscino, attutisce i suoi umori, rende soffice ogni cosa intorno a lui...gli ovatta la vita.
C'erano anche le mie sorelline, troppo piccole per capire il turbamento senza interpretarlo male e spaventarsi.
Ricordo il mio goffo tentativo di rendere un po' serena l'atmosfera.
Ricordo che dissi che non era poi così grave, che tutto si sarebbe aggiustato.
(la campagna non è e non è mai stata l'attività principale di mio padre)
Ricordo la sua rabbia nel dirmi che non capivo niente e il mio tentativo di reggere la discussione.
Ricordo che mi disse che potevo anche andarmene da quella casa, che a lui non importava nulla.
Ricordo me per strada con il portafoglino di perline (chissà se si usa ancora tra le ragazzine) che marcio decisa (e piangendo)
verso la stazione.
Ricordo mia madre che mi viene a riprendere e mi dice: lo sai che non lo pensa.
Ricordo di non averle creduto.
Ma di aver pensato che da sola stavo peggio.
Non mi chiese mai scusa e non mi disse mai mi dispiace. Lo feci io.
Strano ma non inconsueto che questo ricordo sia affiorato ora.
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