Sono giorni di assoluta tristezza.
Provo con tutte le mie forze, e chi mi conosce sa che ne ho da piegare i metalli, ma non se ne va.
Resta sottile e profonda in ogni gesto, anche quelli per cacciarla via.
Il mio balcone è fiorito di inaspettata bellezza, ma per farlo vedere ho dovuto usare la tecnologia. Via cellulare, via mail, via facebook.
Non vivo sulla luna, ma quella porta in fondo al mio bellissimo balcone non l'ha varcata nessuno.
Raccolgo le foglie secche, pulisco i vasi, guardo i boccioli. Penso,
sarebbe bella una cena in questa casa.
Ma non ho più le energie.
Se dico IO ME NE FREGO
oggi
oggi fa malissimo.
Mi ricordo le risate e le cene, in cui le mani erano quattro e le nevrosi si appiattivano sul tuo petto.
Le ricordo, ma non le sento più.
Porto la bici ad aggiustare, sono una signora io, le cose me le faccio riparare.
Ma il salotto con le ruote per aria, il grasso per terra e lo sguardo stralunato di chi entrava e non capiva,
lo rivorrei oggi stesso.
Guardo poco in giro, ma a chi mi avvicina apro la porta, un pochino anche quella del cuore (anche se mi fa paura perchè lo sento ancora così fragile).
Penso, forse scioccamente: "se mi cerchi significa che mi vuoi,
qualsiasi cosa tu voglia, parte da te".
E invece sento chiudersi in fretta le porte,
perché io sono un morso sulla via delle possibilità.
C'è qualcun'altra che sarà più amica, sarà più amante, sarà meno puttana, sarà più bella, sarà più intelligente
(o spesso ho l'impressione che sarebbe meglio se lo fosse meno)
SARA' MEGLIO DI ME
E io resto sull'uscio del mio giardino che nessuno si ferma a guardare.
Sento la mancanza della pioggia, sento l'arsura farsi avanti piano piano.
Sento il silenzio intorno
e lo odio.
lunedì, giugno 28, 2010
giovedì, giugno 24, 2010
...fiorire
eccolo qua il mio inatteso regalo di inizio settimana.
Lunedì apro la porta di casa (io vivo in una casa di ringhiera in cui abito solo io, ma il balcone è accessibile anche ai vicini, per stendere, per sicurezza, per abitudine a farzi i cazzi altrui :-) )
Apro la porta di casa e...
La sera prima, escludendo uno sparuto vaso di garofani, era vuoto.
Al mattino era la serra che vedete sopra.
Mi è sembrato un magico inizio di settimana, bello a prescindere.
Poi scopro che...
Vicina: ciao nuova inquilina Sciropz che da poca confidenza
Sciropz: ciao vicina carina ma un po' impicciona
Vicina: noi si parte per le ferie e visto che i vasi stagionali li avrei buttati via e a te piacciono i fiori...ho pensato, magari le fa piacere tenerli!
Non devi per forza averne cura, a me basta che mi restituisci i vasi a ottobre.
Sciropz: (l'avevo detto vero che sei un po' impicciona? Però...) E' il regalo più bello che potevi farmi, sono bellissimi e sarà un piacere averne cura. E si, io adoro i fiori.
E ora sono qui, che guardo questo balcone e la sua inaspettata bellezza.
E un po' mi commuovo.
23 giugno
01:21
finalmente piango
Non si celebrano le sconfitte
già
Magari si celebrano le sopravvivenze.
Ma no
meglio altro
che sciocca, anche solo averlo sperato
CHE SCIOCCA
e il mio balcone è fiorito, bellissimo. Ma tu non l'hai visto.
finalmente piango
Non si celebrano le sconfitte
già
Magari si celebrano le sopravvivenze.
Ma no
meglio altro
che sciocca, anche solo averlo sperato
CHE SCIOCCA
e il mio balcone è fiorito, bellissimo. Ma tu non l'hai visto.
martedì, giugno 08, 2010
lunedì, giugno 07, 2010
l'abito migliore e 20 euro di taxi
L'armatura scintilla.
Sotto i colpi che arrivano.
Sotto chi ti guarda e ti adora e non sa la sofferenza che sai.
Sotto chi ti guarda e prova sollievo per la cattiveria che non provi.
Sotto chi pensa che tutto questo è meraviglioso e non vede il terreno franare sotto i tuoi piedi.
Non vede il buco profondo nel tuo cuore farsi voragine e inghiottire tutto.
Il bene, il male, il dolce, il salato.
Non vede la tremenda forza con cui a stento ti tieni a galla.
E ce la fai.
Ma quale prezzo? Quale stramaledettissimo prezzo?
Sotto i colpi che arrivano.
Sotto chi ti guarda e ti adora e non sa la sofferenza che sai.
Sotto chi ti guarda e prova sollievo per la cattiveria che non provi.
Sotto chi pensa che tutto questo è meraviglioso e non vede il terreno franare sotto i tuoi piedi.
Non vede il buco profondo nel tuo cuore farsi voragine e inghiottire tutto.
Il bene, il male, il dolce, il salato.
Non vede la tremenda forza con cui a stento ti tieni a galla.
E ce la fai.
Ma quale prezzo? Quale stramaledettissimo prezzo?
domenica, giugno 06, 2010
Repetita non iuvant
Quando arrivai a Torino il primo anno ero una studentessa universitaria appena maggiorenne.
Cercavamo casa con due amiche. Tipico affitto da studentesse.
La casa l'abbiamo cercata io, le mie amiche... e i loro genitori.
Oggi, nel mio abito migliore, sicura e indipendente, quando mi sono congedata dall'agente immobiliare ho dato un'occhiata al cliente successivo.
Erano una coppia, lei forse qualche anno in meno di me, ma non molti.
E i genitori di lei.
Ho stretto la mano all'agente bambino, ho sorriso sicura.
E ho pensato che almeno una volta in vita mia vorrei lamentarmi
che i miei mi stanno troppo addosso.
Forse, ora che sono sola, un po' di più.
Poi ho fatto il solito.
Ho chiamato un'amica in difficoltà, cercando di non passarle neanche un po' della mia amarezza, che a divider le lacrime c'è sempre tempo.
Ho sentito le persone a cui volevo dire come era la casa (non gli ho detto che fino all'angolo della piazza ho sperato di vederle sotto il portone della casa ad aspettarmi).
Ho sperato che altre mi chiamassero, senza risultato.
Ho mandato messaggi a chi "col cazzo che ti lascio passare liscio questo silenzio"... e il silenzio è restato liscissimo
Ho preso un bel gelato, ho stretto le spalle e ho pensato che, dopo tutto,
se ce l'ho fatta fino ad ora non c'è motivo di temere per il futuro.
Cercavamo casa con due amiche. Tipico affitto da studentesse.
La casa l'abbiamo cercata io, le mie amiche... e i loro genitori.
Oggi, nel mio abito migliore, sicura e indipendente, quando mi sono congedata dall'agente immobiliare ho dato un'occhiata al cliente successivo.
Erano una coppia, lei forse qualche anno in meno di me, ma non molti.
E i genitori di lei.
Ho stretto la mano all'agente bambino, ho sorriso sicura.
E ho pensato che almeno una volta in vita mia vorrei lamentarmi
che i miei mi stanno troppo addosso.
Forse, ora che sono sola, un po' di più.
Poi ho fatto il solito.
Ho chiamato un'amica in difficoltà, cercando di non passarle neanche un po' della mia amarezza, che a divider le lacrime c'è sempre tempo.
Ho sentito le persone a cui volevo dire come era la casa (non gli ho detto che fino all'angolo della piazza ho sperato di vederle sotto il portone della casa ad aspettarmi).
Ho sperato che altre mi chiamassero, senza risultato.
Ho mandato messaggi a chi "col cazzo che ti lascio passare liscio questo silenzio"... e il silenzio è restato liscissimo
Ho preso un bel gelato, ho stretto le spalle e ho pensato che, dopo tutto,
se ce l'ho fatta fino ad ora non c'è motivo di temere per il futuro.
venerdì, giugno 04, 2010
Il sospetto
Non ho molte amiche.
Problemi di comunicazione, orso io, orse loro...
Boh?
Sta di fatto che quando individuo una donna con cui sento una certa affinità, poiché è cosa rara, cerco di "scassare" le mie difese e di avvicinarla.
In genere sono discreti buchi nell'acqua.
Nell'ultimo caso siamo sul bordo di un pericoloso problema.
Tipa interessante, forte, potenzialmente affine.
La avvicino (sempre perché io prendo quello che voglio)
E ci troviamo proprio su un sacco di cose, argomenti, pensieri e desideri.
E probabilmente è innamorata, non ricambiata, di una persona a cui io sono pericolosamente vicina, anche se solo come amica.
Il punto è.
quando scatterà la gelosia?
e se scatterà.
Sarà l'ennesima conferma che io e le amicizie femminili proprio no, non ce n'è?
Spero di sbagliarmi, di aver individuato male il soggetto maschile in questione, di essermi fatta i miei soliti numeri mentali, di aver capito male.
Spero, francamente, di non essere perspicace come invece so di essere.
Spero male, insomma.
Problemi di comunicazione, orso io, orse loro...
Boh?
Sta di fatto che quando individuo una donna con cui sento una certa affinità, poiché è cosa rara, cerco di "scassare" le mie difese e di avvicinarla.
In genere sono discreti buchi nell'acqua.
Nell'ultimo caso siamo sul bordo di un pericoloso problema.
Tipa interessante, forte, potenzialmente affine.
La avvicino (sempre perché io prendo quello che voglio)
E ci troviamo proprio su un sacco di cose, argomenti, pensieri e desideri.
E probabilmente è innamorata, non ricambiata, di una persona a cui io sono pericolosamente vicina, anche se solo come amica.
Il punto è.
quando scatterà la gelosia?
e se scatterà.
Sarà l'ennesima conferma che io e le amicizie femminili proprio no, non ce n'è?
Spero di sbagliarmi, di aver individuato male il soggetto maschile in questione, di essermi fatta i miei soliti numeri mentali, di aver capito male.
Spero, francamente, di non essere perspicace come invece so di essere.
Spero male, insomma.
giovedì, giugno 03, 2010
Ricordi
Non so perché proprio oggi mi è venuto in mente.
Ma deve essere il caldo, la sensazione di pigrizia morbida che prende quando un inaspettato giorno di vacanza divide in due una settimana.
La sensazione che l'estate è vicina.
Non è un bel ricordo, ma ora, nella memoria, non è nemmeno più un brutto ricordo. E'.
Era estate, ero al mare con i miei.
Avrò avuto 12-13 anni, non di più.
Arrivò una strana telefonata di mia nonna da casa, aveva grandinato e, sembrava (anche se crescendo ho imparato che la modalità della tragedia nel raccontare le cose è, appunto, una modalità, non la sostanziale realtà)
dicevo, sembrava che il raccolto fosse compromesso in maniera molto grave.
Mio padre alla modalità tragedia di mia nonna reagiva sempre molto male, rendendo catastrofe la tragedia.
Mia madre è sempre stata la donna cuscino, attutisce i suoi umori, rende soffice ogni cosa intorno a lui...gli ovatta la vita.
C'erano anche le mie sorelline, troppo piccole per capire il turbamento senza interpretarlo male e spaventarsi.
Ricordo il mio goffo tentativo di rendere un po' serena l'atmosfera.
Ricordo che dissi che non era poi così grave, che tutto si sarebbe aggiustato.
(la campagna non è e non è mai stata l'attività principale di mio padre)
Ricordo la sua rabbia nel dirmi che non capivo niente e il mio tentativo di reggere la discussione.
Ricordo che mi disse che potevo anche andarmene da quella casa, che a lui non importava nulla.
Ricordo me per strada con il portafoglino di perline (chissà se si usa ancora tra le ragazzine) che marcio decisa (e piangendo)
verso la stazione.
Ricordo mia madre che mi viene a riprendere e mi dice: lo sai che non lo pensa.
Ricordo di non averle creduto.
Ma di aver pensato che da sola stavo peggio.
Non mi chiese mai scusa e non mi disse mai mi dispiace. Lo feci io.
Strano ma non inconsueto che questo ricordo sia affiorato ora.
Ma deve essere il caldo, la sensazione di pigrizia morbida che prende quando un inaspettato giorno di vacanza divide in due una settimana.
La sensazione che l'estate è vicina.
Non è un bel ricordo, ma ora, nella memoria, non è nemmeno più un brutto ricordo. E'.
Era estate, ero al mare con i miei.
Avrò avuto 12-13 anni, non di più.
Arrivò una strana telefonata di mia nonna da casa, aveva grandinato e, sembrava (anche se crescendo ho imparato che la modalità della tragedia nel raccontare le cose è, appunto, una modalità, non la sostanziale realtà)
dicevo, sembrava che il raccolto fosse compromesso in maniera molto grave.
Mio padre alla modalità tragedia di mia nonna reagiva sempre molto male, rendendo catastrofe la tragedia.
Mia madre è sempre stata la donna cuscino, attutisce i suoi umori, rende soffice ogni cosa intorno a lui...gli ovatta la vita.
C'erano anche le mie sorelline, troppo piccole per capire il turbamento senza interpretarlo male e spaventarsi.
Ricordo il mio goffo tentativo di rendere un po' serena l'atmosfera.
Ricordo che dissi che non era poi così grave, che tutto si sarebbe aggiustato.
(la campagna non è e non è mai stata l'attività principale di mio padre)
Ricordo la sua rabbia nel dirmi che non capivo niente e il mio tentativo di reggere la discussione.
Ricordo che mi disse che potevo anche andarmene da quella casa, che a lui non importava nulla.
Ricordo me per strada con il portafoglino di perline (chissà se si usa ancora tra le ragazzine) che marcio decisa (e piangendo)
verso la stazione.
Ricordo mia madre che mi viene a riprendere e mi dice: lo sai che non lo pensa.
Ricordo di non averle creduto.
Ma di aver pensato che da sola stavo peggio.
Non mi chiese mai scusa e non mi disse mai mi dispiace. Lo feci io.
Strano ma non inconsueto che questo ricordo sia affiorato ora.
mercoledì, giugno 02, 2010
Metti una sera a cena... Un amico
Io forzo sempre la mano.
Sono abituata da sempre che ciò che voglio non mi aiuta nessuno ad averlo e tanto meno mi agevola ad averlo.
quindi prendo e forzo.
Voglio te, ti prendo.
Voglio la tua amicizia, me la conquisto.
Voglio uscire a cena, ti invito.
(ammetto che sugli addii invece sono una frana, ma sugli incipit sono nel mio regno)
Se poi mi stupisci e mi dici: ma no, a cena vieni tu da me.
Io raccolgo la palla e gioco con te... E a cena ci vengo si, ma cuciniamo insieme.
Ed è semplice, è bello. E' anche una scoperta, dei ritmi, delle attenzioni e delle intollerabili mancanze da chi non cucina mai (il risooooo! l'ho dimenticato nella pentola a pressioneeee - col fuoco acceso, ovvio)
Con le mie paure sceme: oddio io ho paura esploda la pentola a pressione...e poi....onnnoooo! Hai il tritarifiuti nel lavandino, quello che mangia le mani??
(tranquilli, sull'invenzione del fuoco sono aggiornata)
E ringraziare il cielo perché ti ho portato quasi un kilo di pollo (maledetta indole cuneese della paura di far morire gli ospiti di fame) MA...
L'abbiamo cucinato tutto (con tuo stupore, perché "per me il pollo al curry era pollo e curry, mica immaginavo che ci potessero essere tutti questi ingredienti!")
E te lo sei mangiato tutto senza neanche pensarci su, felice per il dono.
Io amo le persone golose.
Sono abituata da sempre che ciò che voglio non mi aiuta nessuno ad averlo e tanto meno mi agevola ad averlo.
quindi prendo e forzo.
Voglio te, ti prendo.
Voglio la tua amicizia, me la conquisto.
Voglio uscire a cena, ti invito.
(ammetto che sugli addii invece sono una frana, ma sugli incipit sono nel mio regno)
Se poi mi stupisci e mi dici: ma no, a cena vieni tu da me.
Io raccolgo la palla e gioco con te... E a cena ci vengo si, ma cuciniamo insieme.
Ed è semplice, è bello. E' anche una scoperta, dei ritmi, delle attenzioni e delle intollerabili mancanze da chi non cucina mai (il risooooo! l'ho dimenticato nella pentola a pressioneeee - col fuoco acceso, ovvio)
Con le mie paure sceme: oddio io ho paura esploda la pentola a pressione...e poi....onnnoooo! Hai il tritarifiuti nel lavandino, quello che mangia le mani??
(tranquilli, sull'invenzione del fuoco sono aggiornata)
E ringraziare il cielo perché ti ho portato quasi un kilo di pollo (maledetta indole cuneese della paura di far morire gli ospiti di fame) MA...
L'abbiamo cucinato tutto (con tuo stupore, perché "per me il pollo al curry era pollo e curry, mica immaginavo che ci potessero essere tutti questi ingredienti!")
E te lo sei mangiato tutto senza neanche pensarci su, felice per il dono.
Io amo le persone golose.
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